domenica 7 ottobre 2018

Pedagogia 1.2


Maestri e Allievi



Il fulcro dello studio e dell'insegnamento era costituito dall'ormai tradizionale "lettura" di testi, scelti per la loro autorevolezza, e dalla "disputa" che costituì il carattere specifico di quel metodo. La letteratura era l'attività principale di apprendimento. Una buona lettura facilita la comprensione e su ciò si costruisce la memoria, chiave per capire la realtà che ci circonda e "rendersi conto da soli di tutti" I testi di Prisciano, Donato, Sirio per la grammatica; i Dicta Catonis per le narrazioni; le Sacre Scritture e le Sentenze di Piero Lombardo per la teogonia; le opere di platone e, soprattutto, di Aristotele, quando l'Occidente le conobbe e ne furono permesse la diffusione e la conoscenza; i sopravvissuti trattati scientifici, matematici, medici dell'antica Grecia. L'architrave di ogni disciplina era il libro, o i libri, che trasmettevano principi e nozioni. Leggere significava riconoscere un'autorità e cercare di assimilarla per poi utilizzarla al fine di raggiungere soluzioni soddisfacenti per i problemi posti. L'argomentazione era tutta volta a mostrare la coerenza di determinante affermazioni.
La lettura di un testo era perciò assai complessa: essa comportava un' analisi della struttura del testo, volta alla suddivisione in parti. Ciascuna parte veniva poi esposta e commentata. Vi sono tre forme di lettura: per opera del docente, per opera dello studente, o nello studio personale. Questi distinti e complementari piani di lettura pongono in luce quanto il testo fosse al centro di una relazione e quanto l'indispensabile lavoro individuale fosse un aspetto del più ampio impegno di conoscenza e di apprendimento, sostenuto in buona parte dal maestro.
La lettura non era però l'unica forma di insegnamento. Compito del maestro era quello di far lezione, predicare e dispputare. La disputa segnava il passaggio dall'argomentazione sulla base dell'autorità alla dimostrazione per mezzo della ragione. La disputa inizialmente breve, con il tempo divenne il momento più importante nel lavoro comune di maestro e allievo. Era un momento di discussione durante il quale si cercavano di risolvere i contrasti, gli interrogativi e i passaggi critici di un autore i cui testi venivano sottoposti a un rigoroso esame. La disputa si fonda sull'uso della dialettica e quindi sull'impiego della ragione nell'argomentazione e nella determinazione delle soluzioni da adottare. Fu nel campo della teologia e della filosofia che tale uso venne a creare un vero e proprio metodo di indagine e di insegnamento. Nella Facoltà di Teologia le dispute erano assai frequenti ed erano parte integrante del corso degli studi. Il resoconto delle dispute veniva di solito trascritto e costituisce una parte considerevole della letteratura medievale in ambito teologico e filosofico.
La disputa diede origine a un vero e proprio genere argomentativo e didattico, caratterizzato dalla raccolta di questioni intorno a un determinato argomento e dagli articoli che li componevano. L'articolo è un vero capolavoro di architettura intellettuale, nel quale le parti sono organicamente composte, quasi a riflettere la logica dell'argomentazione seguita. Esso conta di 4 parti essenziali: la posizione del problema; l'esposizione delle opinioni; la soluzione del maestro;  la soluzione dei dubbi. Con la sua risposta il maestro decideva di prendere posizione personalmente, avanzando un proprio punto di vista.
il maestro  medievale si collocava in una tradizione, di cui egli intendeva essere voce e che offriva, attualizzandola, ai giovani. Era alla Sapienza e alla scienza che guardava il vero maestro, quando voleva essere duttilità agli alunni;  un sapere che egli aveva assimilato e che comunicava affinché potesse essere conquistato da tutti. Il fedele e continuo riferimento alla verità fa del maestro quel ch'egli deve essere. Ciò vale nella tradizione monastica e anche nell'epoca della scolastica. Ciò fu motivo anche di rigidezze e monotone ripetizioni. La propensione a tener conto delle varie opinioni da un certo momento in poi, la disponibilità a disputare con i colleghi fino a costituire un fitto dialogo con le diverse opinioni da questi manifestare, furono aspetti qualificanti di di quella ricerca che era essenziale per il maestro al fine di rendere vivo è utile il proprio insegnamento.
 l'uso della punizione corporale l'uso della punizione corporale dalla cultura monastica fu sconsigliato e addirittura impedito. Anselmo Si opponeva decisamente all'uso delle punizioni corporali e rimproverava coloro che vi ricorrevano mostrandone l'inefficacia, piuttosto, deve seguire le inclinazioni dell'alunno, permettendogli di crescere e svilupparsi, correggendolo e sostenendo, e valorizzandone sempre la sua libertà.